Lamon

Lamon

Il nome potrebbe derivare da paleo-veneto o pre-romano 'lama' significante luogo paludoso. Interessante notare che il termine è tuttora usato nel bellunese e nelle prealpi vicentine e trevigiane per indicare le pozze d'acqua (anche artificiali) o piccoli laghetti per l'abbeveraggio degli animali al pascolo. Sinonimi usati 'posa' e 'pozza'.

Storia

La Preistoria e l’Evo Antico

Nel XVII secolo, se ne era data un’esegesi derivata Castrum Ammonis, in riferimento ad un presunto (e mai provato) culto di Giove Ammone sul colle di San Pietro. In realtà, il toponimo Lamon si rifà al protoitalico lama, riconducibile all’etruscoide lumena e al latino lima (“stagno”, ma anche “terreno franoso”). Prove in tal senso giungono dalla formazione geologica degli estesi altipiani di Lamon e Sovramonte costituitisi con il graduale riempimento di un grande lago formatosi alla fine dell’ultima glaciazione, circa 15.000 anni fa.

L’altopiano di Lamon presenta tracce di una frequentazione sin dall’epoca preistorica come testimoniato dal ritrovamento di numerosi oggetti in pietra e selce.

Lo testimonia fra l’altro il notevole ritrovamento di un cacciatore preistorico avvenuto nel 1988 in Val Rosna, sul versante sovramontino del Cismon.

Più recenti sono invece i resti di fauna fossile rinvenuti nella grotta di San Donà, fra cui i resti dell’Ursus spelaeus, un orso di grandi dimensioni diffuso sull’arco alpino (oggi uno scheletro, composto da ossa di diversi esemplari, è presente nell’atrio del municipio).

Nella frazione di Guana, in un’attenta ricerca effettuata nel 1997 dagli alunni della scuola media sono emersi punte di freccia, grattatoi, nuclei ed elementi di falcetto (lame in selce) riconducibili ad agricoltori vissuti nel neolitico tardo (3000 a.C.).

In età storica, per il territorio lamonese al pari del resto del Feltrino, l’evidenza toponomastica conferma la notizia di Plinio il Vecchio, secondo il quale il municipium di Feltria (ed il suo territorio di cui faceva parte anche l’altopiano lamonese) era abitato da genti retiche, distinte per questo da quelle galliche della vicina Bellunum. A queste si sarebbero aggiunte popolazioni etrusche fuggite dal territorio di Felsina e dall’Etruria padana fra il 450 e il 350 a.C. Queste ultime, alla pari dei Reti, non parlavano una lingua indoeuropea, famiglia di cui invece facevano parte il venetico, i dialetti celtici, il latino e il greco. A questo periodo sono forse da ascrivere le nicchie scavate nella roccia del Colle di San Pietro, all’altezza della grotta ora dedicata al culto mariano.

Con l’istituzione del municipium di Feltria, l’altopiano di Lamon viene interessato dalla romanizzazione, soprattutto in seguito alla predisposizione della Via Claudia Augusta (oggi nel tratto lamonese detta ‘via pagana’) che da Altinum giungeva ad Augusta Vindelicum (Augusta), nella provincia di Raetia. La strada, tracciata da Druso e “munita” da Claudio, passava direttamente (o un suo ramo, la questione è tuttora dibattuta) attraverso il territorio lamonese in direzione Castello Tesino.

Presso l’odierna frazione di San Donato, in un punto geomorfologicamente adatto al controllo della via, si sviluppò nei primi secoli dell’era cristiana un abitato. Lo attestano i reperti della necropoli posta a valle dell’odierna frazione, da cui provengono da più di un secolo oggetti di corredo di tombe ad inumazione; recentemente la zona è stata oggetto di indagini da parte della Sovrintendenza che ha messo in luce diverse sepolture di II e III secolo d.C. Gli oggetti recuperati sono oggi conservati in un’esposizione a Lamon. In seno a tali indagini sono state messe in luce anche delle strutture murarie a Col Furlan, forse riferibili al Castello di San Donato riferito dalla tradizione orale.

Un secondo nucleo abitativo dovette svilupparsi intorno al già frequentato colle di San Pietro, sul quale si stima potesse essere posto un torrione visivamente collegato con altri punti di osservazione situati lungo il tracciato della via nel vicino altipiano di Sovramonte. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento sono venuti alla luce diversi rinvenimenti di epoca romana (tombe, gioielli, monete) sul colle e nella zona circostante. La cintura delle ‘stationes’ di controllo alla via romana si completava con il Castello di Valdeniga (i cui ruderi erano ancora visibili nell’Ottocento). Tali fortilizi ebbero origine in età tardo-antica e si svilupparono poi in età alto-medioevale e medioevale.

Nel tardo-antico, infatti, l’importanza della via Claudia Augusta non decrebbe. Sia per l’Impero che per le genti germaniche, essa dovette costituire un percorso di grande fruizione nei secoli IV-VI d.C. Ne è prova il Calice argenteo del Diacono Orso (VI secolo d.C.), in assoluto uno dei maggiori reperti del cristianesimo e il più antico nell’Occidente cristiano. Il reperto fu ritrovato nel 1836 in un anfratto della roccia nei pressi di San Donato, in località Coronini. L’iscrizione, in bella capitale, cita: DE DONIS DEI URSUS DIACONUS SANCTO PETRO ET SANCTO PAULO OPTULIT. Esso testimonia probabilmente la nascita della diocesi di Feltre nel V secolo d.C. Secondo alcuni, l’oggetto apparteneva al diacono Ursus, il quale svolgeva un servizio permanente e itinerante; il calice sarebbe stato conservato nella cattedrale di Feltre e nascosto al momento dell’arrivo dei Longobardi.

Per altri, invece, un calice di tale fattura sarebbe appartenuto a sedi episcopali di ben più alto prestigio, Concordia o Aquileia, e sarebbe stato oggetto di razzia e quindi nascosto lungo il tracciato della via Claudia Augusta. Quale sia la verità, ciò che pare certo è che l’oggetto venne occultato volontariamente, giungendo così intatto sino a noi. In questo periodo, a cavallo fra la Tarda antichità e l’Alto Medioevo, l’altopiano e le sue vicinanze furono forse interessate dallo stanziamento di genti di origine germanica.

I nomi di alcune località, fra cui i Campigoti (letteralmente, terre dei Goti) ne sono forse prova; certamente è da ascrivere a quest’epoca lo sfruttamento agricolo di alcune località poste ai margini del tracciato viario, come nel caso delle frazioni di Rugna e Ronche (dal tardo latino runcare, dissodare il terreno, disboscare).

L’Alto Medioevo

Per diversi secoli, la storia di Lamon deve essere vista di riflesso a quella del capoluogo, Feltre, giacché manca completamente ogni categoria di documentazione. All’inizio del V d.C., il territorio del municipium di Feltre venne attraversato da diverse persone poco raccomandabili: pare che nel 409 d.C., la città fosse stata occupata da Visigoti di Alarico, nel 455 dagli unni di Attila, poi dai Vandali, dagli Alani e da Odoacre con Eruli e Rugi. Giunsero quindi i Bizantini e di seguito i Longobardi, che rimasero per duecento anni. Di questo dominio, rimane eco nel nome di San Donato Cengia (solitamente un santo longobardo) dato alla località maggiormente abitata nel territorio, località sulla quale vi era la ‘statio’ viaria di cui sopra.

Quando vennero sostituiti dai Franchi, Feltre e Belluno divennero contee aggregate alla grande marca trevigiana. Per gli ultimi due secoli del I millennio, possiamo ritenere che il territorio feltrino, e di conseguenza quello lamonese, abbia vissuto marginalmente le contese riguardante la spartizione del Sacro Romano Impero. Per rimanere a Feltre, è certo che dal X al XII secolo il vescovo ottenne i poteri civili e temporali, secondo le disposizioni diramate a suo tempo da Ottone I. Tale situazione si protrasse sino al dominio veneziano.

La nascita della Pieve Rurale di Lamon

È verosimile che i primi edifici di culto si fossero sviluppato a Lamon su insediamenti di epoca tardo-romana. Il colle di San Pietro ospitò la prima chiesa forse dopo l’ VIII secolo e prima dell’anno 1000.

La prima attestazione della pieve rurale di Lamon è contenuta in una bolla del pontefice Lucio III che confermava vescovo di Feltre Drudo da Camino, indicandogli minuziosamente i suoi possessi: fra cui la pieve di Lamon. Il nome del paese, tuttavia, compare per la prima volta qualche anno prima in un arbitrato datato dal 1171 e firmato dal suddetto vescovo conte di Feltre Drudo da Camino, che sentenzia su di una controversia riguardante i confini dei pascoli montani. Erano interessate anche le comunità di Lamon, Arsiè, Castello Tesino e Fonzaso. In quell’occasione il vescovo stabilì con precisione i confini della comunità lamonese e precisò che qualora uno fra i contendenti avesse violato i confini agro-pascolari sarebbe incorso in una pesantissima multa.

Era solo l’inizio di una contesa che si trascinerà per diversi secoli. Il documento attesta che la comunità era organizzata e giuridicamente riconosciuta, ma anche l’enorme peso che l’allevamento, specificatamente di ovini, aveva sull’economia lamonese agli albori del secondo millennio. Testimonianze di lamonesi tuttavia se ne ebbero anche prima, come attesta la partenza di due lamonesi, corrispondenti al nome di Donato e Altissidio, alla prima crociata del 1096, sotto il comando del feudutario dell’impero, Giovani da Vidor.

La Regola di Lamon

Con i secoli XIII e XIV, il bisogno di autonomia delle comunità feltrine crebbe. A Feltre la lavorazione della lana, che sin dall’età romana costituiva il perno dell’economia locale, ebbe un’importante accelerazione. Nel territorio circostante, l’allevamento, la transumanza e la tosatura caratterizzarono sempre più l’economia locale; sorse la necessità da parte delle diverse comunità di stabilire norme giuridicamente condivise per disciplinare l’economia pastorale. Prima di tradizione orale, queste regole necessitavano ora di una redazione scritta. La prima redazione della ‘Regola’ pare risalga al 1330 (anno indicato nella prima pagina); certamente nel 1451, anno citato nel manoscritto, la vita lamonese era disciplinata dalla ‘Regola’, mentre l’atto notarile dello statuto attualmente conservato risale al 1552.

La Regola prevedeva due assemblee annuali convocate al Pian della Regola, nel centro del Paese, il giorno di San Giorgio, 23 aprile, e quello di San Martino, 11 novembre e ad esse avevano diritto di partecipare tutti i capifamiglia compresi entro il territorio della Regola (Colmel piccolo di Villa, Colmel grande di Resenterra, Colmel grande di Cui, Colmel di Arina e Colmel di San Donato; pochi decenni dopo la trascrizione dell’atto notarile, i capifamiglia vennero ridotti a venti e eletti ogni dodici mesi). In quell’occasione venivano elette le cariche annuali, fra le quali si ricordano: il Quaderner, il Sindico, il Massaro, i Deputadi, gli Zuradi, i Degani, i Saltari, i Pesa pan ecc.

Il meriga era il capo riconosciuto della comunità che la rappresentava davanti alle istituzioni: vescovo conte prima e Venezia poi. Egli era solitamente scelto fra le famiglie nobili feltrine. Lo statuto conserva norme sul periodo in cui era permesso il pascolo, sulla presenza di ‘forestieri’ (a cui era vietato portare animali sul territorio lamonese) e altre norme riguardanti la vita associativa.

Il dominio della Serenissima Repubblica.
Le infinite lotte confinarie

Nel 1420 Lamon entrò a far parte in modo definitivo della Serenissima Repubblica di Venezia; da comunità confinaria del territorio feltrino, divenne comunità di confine dei possedimenti Veneziani. Un ruolo, questo, che da allora ha sempre mantenuto. Castello Tesino e Cinte Tesino, invece, erano comprese nel territorio del Contado del Tirolo. Venezia di fatto subordinò al controllo del podestà e capitano il governo cittadino di Feltre, compresi i 36 rappresentanti della comunità e i meriga, i capi delle singole regole, la cui nomina rimase comunque appannaggio del potere vescovile sino all’inizio dell‘Ottocento. Feltre e il feltrino non furono una regione capace in epoca veneziana di avere una mobilità sociale degna di nota, né videro il nascere di una borghesia moderna.

Una situazione difficile si presentò all’inizio del Cinquecento, quando a seguito della guerra dichiarata dalla Lega di Cambrai contro Venezia, il feltrino e Feltre vennero saccheggiati e devastati da Massimiliano I d’Austria. Durante questa guerra, i Tesini costrinsero i Lamonesi a versare una taglia di 1200 ducati (pagabili in denaro e bestiame) e a cedere il monte Agaro e parte del monte Poit. Pensavano a rappresaglie e invasioni. Come già nel XII secolo, le lotte per i pascoli si rivelarono un problema cronico per la comunità lamonese.

Nella seconda metà del XVI secolo, si riaccesero la vertenze, del resto mai sopite, fra Arsiè e Lamon (nel 1573, lungo la linea compresa fra il monte Poit e la Valporra) e fra Castello Tesino e Lamon. Nel 1578 trecento tesini in armi scesero per rivendicare pascoli sul monte Poit. Anche Cinte Tesino ebbe nello stesso anno una vertenza sul monte Gnei contro la comunità lamonese. Le contese si trascinarono tanto da far intervenire nel 1582 le Cancellerie di Venezia e del Contado del Tirolo.

Nel secolo successivo le cose non andarono meglio. Nel 1693, liti sul ‘Pian della Pezza’ fra Arsiè e Lamon. Cinque anni dopo, lamonesi penetrarono nel Primiero e rubarono con la forza centinaia di capi di ovini, che erano stati confiscati per il mancato pagamento del passaggio della Muda, allora confine di Stato.

Ancora nel 1742, nel 1746 e nel 1747 sono testimoniate violenze e soprusi fra arsedesi e lamonesi sul ‘Pian della Pezza’. Altre sono attestate nel 1782 e 1792. Si arrivò sin dopo la terza guerra d’indipendenza, con una Commissione mista Austriaca e Italiana per sciogliere definitivamente le contese. Erano trascorsi sette secoli dopo la sentenza di Drudo da Camino. Scontri tanto reiterati e con una recrudescenza cronica, testimoniano la grande indigenza che le popolazioni del feltrino ebbero a patire nei secoli XVII e XVIII, al tramonto della Repubblica Veneziana.

L’Altopiano Lamonese

Il Comune si estende su ben 19 frazioni e borgate, le più importanti sono: San Donato, Costa, Arina, Campigotti, Rugna, Pezzè, Zavegna, Piei Lilli Toffoli. Queste sue peculiarità hanno un valore aggiunto speciale: Lamon è ancora luogo genuino in cui vedere e percepire quella che possiamo definire “l’anima” delle contrade feltrine e bellunesi e della “montagna veneta” in generale.

Una montagna che, nonostante tutto, dove non è ancora profondamente intaccata e stravolta nella sua fisionomia dal turismo spendaccione, è luogo vivo di gente laboriosa e semplice, dove il senso della vita è un tutt’uno con l’ambiente naturale, qui davvero generoso anche se duro e pauroso sopra quegli impressionanti intagli nettissimi dei canyon.

L’altopiano di Lamon fu romanizzato intorno al I secolo d.C. proprio grazie alla Via Claudia Augusta che aveva disseminato il territorio circostante di fortificazioni, una delle quali sorgeva molto probabilmente sul colle di S. Pietro dove furono rinvenuti numerosi reperti di età romana.

Sulla strada per S. Donato è poi visibile il cosiddetto “ponte romano” sul Rio Scalena, che, pur sorgendo su un sito di attraversamento romano, è in realtà di età posteriore. Del V – VI secolo è invece il Calice del Diacono Orso, un calice d’argento formato da una grossa coppa sostenuta da uno stelo dei più antichi esempi di calice paleocristiano in Occidente.

Da Lamon la Via Clauda Augusta saliva per l’altopiano del Sovramonte fino al passo Croce d’Aune per poi ridiscendere verso la vallata del Piave all’altezza di Cesiomaggiore. Qui nel, 1786, sotto l’altare della chiesa parrocchiale fu ritrovato un cippo miliare romano del 46 d.C. (oggi conservato presso Villa Tauro alle Centenere) che assieme a quello di Rabià attesta l’esistenza della Via Claudia Augusta, descrivendola come la strada militare “che l’Imperatore Claudio, seguendo il tracciato che per primo suo padre Druso aveva aperto verso la Germania, fece fortificare da Altino fino al Danubio per 350.000 passi“.

Il Monte Coppolo la Montagna di Lamon

Per i lamonesi è semplicemente “La Montagna”: la loro montagna!

Il Coppolo si erge isolato e caratteristico a nord del paese ed è facilmente individuabile da tutta l’area feltrina a da gran parte dell’altopiano di Asiago.

Geograficamente si trova tra le prealpi venete (monte Grappa e altopiano di Asiago), le Vette di Feltre e la catena del Lagorai. Da queste montagne è separato dalle profonde vallate del Cismon e della Valsugana e delimitato dal passo del Brocon.
Geologicamente appartiene alle prealpi calcaree, ma si differenzia per le bancate rocciose particolari che ne formano il caratteristico ‘castello’ della parte superiore.

Nettamente diversa la differenziazione con le Vette di Feltre e, ancor più, con le strutture vulcaniche del Lagorai. Stretta, invece, la parentela con il monte Totoga, sempre in val Cismon verso il Primiero.

È formato da un grande zoccolo piramidale quasi completamente ricoperto da bosco e da una parte sommitale che sbuca dal bosco e sulla quale, a somiglianza di una grande muraglia di un castello, si erge la cuspide rocciosa di vetta.

Monumenti e luoghi d’interesse

  • Arcipretale di San Pietro (Lamon)
  • Chiesa di San Daniele (Lamon)
  • “Duomo” del Sacro Cuore (Lamon)
  • Parrocchiale di San Donato (San Donato)
  • Parrocchiale di Maria ad Nives (Arina)
  • Necropoli romana di San Donato (San Donato)
  • Necropoli romana di San Pietro (Lamon)
  • Museo/mostra dei ritrovamenti di San Donato (Lamon, presso sede Pro Loco)
  • Ponte romano (Piei di Lamon)
  • Grotta di San Donato (San Donato)
  • Grotta dell’Acqua Nera (San Donato)
  • Cascata del Salton (San Donato)
  • Monte Coppolo (Dolomiti)
  • Torrente Senajiga
  • Municipio (Lamon)

Antica Chiesa di San Pietro

Si trova sull’altura ora attorniata dal cimitero, sul colle più alto che domina il paese.
Qui, probabilmente, sorgeva il castello romano visto il sito dominante sull’intero altipiano.
Si trova lungo la via Claudia Augusta Altinate e, poco sotto, vi è il bellissimo ponte romano.

Chiesa di San Daniele Profeta

Le prime notizie documentate sulla chiesa di San Daniele Profeta risalgono al XVI secolo quando, sul sito dell’attuale edificio, è testimoniata la presenza di una cappella votata, orientata verso est, con le pareti parzialmente dipinte e dotata di un altare.

Tra il 1609 ed il 1646 la chiesa venne ampliata nelle forme attuali modificando l’orientamento dell’edificio verso nord.
Nel 1673 vennero collocati due nuovi altari e nel XVIII secolo vennero realizzate la volta che copre la navata principale e la sagrestia.
Gli ultimi interventi sulla chiesa risalgono al XIX secolo quando venne realizzato un edificio attiguo al campanile ed oggi non più presente.

I dipinti all’interno della chiesa sono databili tra i secoli XVII e XIX. L’altare centrale era ornato da un polittico risalente al XVII secolo, costituito da quattro scomparti. Nella collocazione originale è rimasta la Deposizione datata al 1640 e attribuita a Francesco Frigimelica.

Le tele degli altri scomparti e quelle degli altari laterali, oggi collocate in altri edifici, sono attribuite ai pittori feltrino Girolamo Zigatello e Domenico Falce e risalgono alla seconda metà del XVII secolo. I teleri  oggi collocati nella chiesa del Sacro Cuore, sono attribuiti al bassanese Giambattista Volpato. I tre dipinti ottocenteschi della volta sono attribuiti al paesaggista Girolamo Moech

Prodotti tipici: il Fagiolo

Lamon, nome che nell’immaginario collettivo ricorda i tempi della fame cronica, tempi in cui l’unico alimento era il fagiolo e pellagrosi piatti a base di polenta. Ora Lamon è ancora terra di fagiolo, pregiata coltivazione Doc.

Alimento base nel passato della cucina popolare, detto “carne dei poveri” per il ricco contenuto di proteine, il fagiolo è oggi un apprezzatissimo ingrediente di numerosi piatti tradizionali come quelli proposti ogni anno a settembre nella tradizionale manifestazione “A Tavola nel Feltrino: il Fagiolo”.

Importato in Europa dai conquistadores spagnoli nel 1530, assieme ad altre piante e ortaggi sconosciuti ma che hanno avuto grande fortuna nelle nostre terre (come la patata, il mais, il pomodoro), il fagiolo arriva nelle terre bellunesi e venete grazie a Piero Valeriano, funzionario del papa Clemente VII, e tra i primi a sperimentare questi nuovi semi.
La coltivazione si diffuse subito soprattutto tra i monasteri.

In terra lamonese furono coltivati già nei successivi decenni e l’isolamento dell’altopiano ha permesso di tramandare le antiche denominazioni delle varietà.
Spagnol e Spagnolet, con chiara allusione alla provenienza (degli importatori…), Calonega da casa canonica con allusione alla diffusione presso gli eccelsiastici, come dire… “el fasolo del prete”.

La “bistecca dei poveri” si presta ottimamente alla conservazione per i periodi invernali grazie all’essicazione.

Spagnolet: piccole dimensioni, peso sui 0,7 0,8 grammi, forma a botte rotondeggiante, striature rosso brillanti su fondo bianco sporco, baccello con striature rosa delicato con 5 semi.

Spagnol: piccole dimensioni, peso sui 0,9 1,1 grammi, forma ovoidale, striature rosso vinose, buccia sottile, baccello con striature rosa carico lungo 10-12 cm. con 10-12 semi.

Calonega: peso circa 1 grammo, forma schiacciata, striature rosso vivo su fondo bianco sporco, baccello con striature rosa carico con 5 semi – particolarmente adatto per il minestrone.

Canalino: medie dimensioni, peso poco più di un grammo, buccia sostanziosa, forma ovoidale, striature rosso cupo su fondo bianco opaco, baccello con striature rossastre con 6-8 semi.

 

 

Da sapere su

Lamon
Isolato dai profondissimi canyon del Cismon e del Vanoi, accerchiato dalla quinta rocciosa del Coppolo, dall’alto colletto boschivo che lo separa dall’altipiano tesino e dalle contrade di Arsié, Lamon è mondo particolare. Gli ostacoli geografici non sono fattore di isolamento, Lamon è un altipiano profondamente legato alle vicende feltrine e fin dai tempi remotissimi, ben prima che le truppe imperiali romane marciassero sulla Claudia Augusta Altinate per dirigersi nella Rezia. Di queste tracce, del ponte romano, dei resti di caccia all’orso degli uomini preistorici, Lamon è preciso e geloso custode. Cacciatori e orsi, come il grande “Ursus Speleus”, l’orso delle caverne, gigantesco e pauroso, il cui scheletro possiamo ammirare in Municipio. Poi i romani, Feltre era “municipium”. Le prime strade, la romanizzazione, i soldati. Il buio ed isolato medioevo delle invasioni barbariche per giungere al XII secolo dove la comunità inizia a riorganizzarsi in regole attorno alla Pieve fulcro della vita sociale. Quindi il lungo periodo della “Pax” Serenissima, tranquilla e sonnolenta, anche se non mancarono incursioni straniere essendo questa terra di frontiera.

Persone legate a

Lamon
  • Pietro Marchioretto (Lamon, 1761 – Telve, 1828), pittore paesaggista
  • Jacopo Facen (Lamon, 1803 – Lamon, 1886), medico ed erudito
  • Giulio Gaio (Lamon, 1886 – Feltre, 1992), presbitero
  • Giobbe Giopp (Lamon, 1902 – Messico, 1983), repubblicano anti-fascista
  • Padre Romano Bottegal (San Donato, 1921 – Beirut, 1978), monaco cistercense, venerabile
  • Virgilio Pante, I.M.C. (Lamon, 16 marzo 1946), vescovo di Maralal
  • Antonio Bottegal (San Donato), pittore, scultore, autore, fra le altre opere, degli affreschi nella sala consigliare del comune di Lamon e della Via Crucis posta nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunciata a Savosa
  • Riccardo Bee (Lamon, 1947 – Monte Agner, 1982), alpinista
  • Davide Malacarne (Feltre, 1987), ciclista su strada

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