San Gregorio nelle Alpi
(San Gregorio)
Geografia
Il comune di San Gregorio nelle Alpi, posto in una posizione semicentrale all’interno della media Valle del Piave, con i suoi 19 km² si sviluppa sulle pendici del monte Pizzocco partendo da una quota altimetrica di 350 metri fino a giungere al punto più elevato posto a 2.187 metri sul livello del mare. Confina per buona parte con il comune di Santa Giustina sia a ovest che a sud, per un breve tratto a nord-ovest con il comune di Cesiomaggiore e ad est con il comune di Sospirolo.
Il territorio è piuttosto variegato, ma schematicamente si possono distinguere le tre zone altimetriche distinte:
La parte più bassa rispetto al capoluogo, tra i 350 metri della frazione di Velos (il punto più basso del comune) e i 500 metri, in cui il pendio è dolce ed alternato a brevi tratti di area pianeggiante. Come una cintura si snoda prossimo al confine con il comune di Santa Giustina, ad abbraccia alcuni nuclei abitati e frazioni, tra cui Velos, Maserolle, Muiach, Fumach, Paluch, Luni, Paderno e Alconis prossimo ormai al comune di Sospirolo.
Una parte intermedia che circonda il capoluogo San Gregorio ed arriva fino al pianoro di Roncoi. Qui il territorio è più accidentato e pendente e raggruppa l’area posta tra i 500 e i 700 metri di altitudine in cui ancora sono presenti nuclei abitati. Fra i principali ricordiamo il paese di San Gregorio, e le frazione di Roncoi, Barp, Cort, Carazzai.
La fascia più alta, posta tra i 700 metri e la cima del monte Pizzocco a 2.187 metri che rappresenta l’area montana in senso stretto, in cui il grande dislivello è coperto in un tratto brevissimo. L’area non presenta nuclei abitati se non case sparse e casere, fra cui la principale è Casera Ere, ed è in buona parte compreso all’interno del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi.
Storia
Dalle origini all’epoca romana
Seppur un piccolo territorio, inevitabilmente legato alla storia più ampia della Valle del Piave, si suppone che l’uomo abbia abitato l’area di San Gregorio già sul finire dall’età del bronzo (tra il 1300 e il 900).
La civiltà dei castellieri trova qui segni deboli, ma inconfutabili. Ritrovamenti di castellieri, cioè insediamenti d’altura, su posizioni naturalmente protette e talvolta fortificati, sono riconducibili anche a questo comune, a Suppiane e Castel de Pedena, cioè in un’area posta a monte del paese di San Gregorio.
Segni più concreti sono quelli riconducibili all’epoca romana. La Via Claudia Augusta Altinate, principale via di comunicazione in quei secoli, secondo gli studi di A. Alpago Novello, passava appena a Sud dell’odierno Comune di San Gregorio. Secondo il tracciato più probabile da Praderadego in comune di Mel scendeva verso il castello di Zumelle fino all’abitato di Nave lungo la sponde del fiume Piave. Da qui un traghetto fluviale (zattere o piccole imbarcazioni) consentivano di raggiungere l’altra sponda, vicino alla confluenza con il torrente Veses nel territorio di Santa Giustina. Una volta a riva la strada riprendeva in direzione di Cesiomaggiore, dove nel 1786 è stato rinvenuto un cippo militare che confermava il passaggio della Via Claudia Augusta.
Un ramo secondario della Via Claudia collegava poi Cesiomaggiore a Belluno, attraversando l’area pedemontana di San Gregorio vicino ai paesi di Villa di Pria (nel comune di Santa Giustina), Velos e Callibago, denotando come anticamente i principali collegamenti viari spesso privilegiassero la zona collinare al fondovalle, troppo soggetta alle piene anche devastanti del fiume Piave, fiume all’epoca dalla portata indubbiamente superiore a quella attuale (il minor deflusso idrico è causa dell’intenso sfruttamento idroelettrico) e di difficile attraversamento. Concretamente a San Gregorio non sono pervenuti resti archeologici dell’età romana, ma una piccola frazione si chiama tuttora Soravich, nome che deriva dalla sua ubicazione: sopra il vicus, termine latino con cui si indicava il capoluogo.
È da segnalare la presenza di alcuni cippi, segno inconfutabile della centuriazione romana, rinvenuti principalmente presso le frazioni di Fumach e Paderno oltre che nella stessa San Gregorio. Ritrovamento poi di monete antiche datate tra il I e il III secolo nelle località minori del Comune fanno supporre una presenza diffusa dell’uomo su questo territorio, non concentrato in grossi centri, ma su piccoli villaggi, ville rustiche e strutture stagionali.
Il Medioevo
Nel corso del medioevo le sorti di questo territorio seguono quelle delle città vicine, principalmente Feltre e Belluno. Si succederanno nel tempo varie dominazioni. Al potere di Roma si sostituiranno i Longobardi dal 568 al 774. Poi dal 774 all’888 il dominio dei Franchi. Di epoca longobarda sono i ritrovamenti tra gli anni cinquanta e settanta di tombe altomedievali nella frazione di Fumach e a Moldoi nel vicino Comune di Sospirolo e i pannelli lapidei datati tra l’VIII e i IX secolo nella frazione di Paderno. A Paderno, a S. Felice, a Romagno e a San Gregorio stesso è documentata l’esistenza di alcuni castelli, da intendersi più come edifici e strutture fortificate che nel senso stretto del termine.
Il Castello di Paderno, di cui è arrivato fino a noi solo il corpo principale, è l’unico che è tuttora visibile, anche se parzialmente restaurato nei secoli; esso è anche detto Castello di Pisocco, dal nome del suo proprietario che nel 1096 partì per la Prima Crociata, a cui parteciparono anche Ariberto e Andrighetto de Romagno, nomi legati a questo territorio. Pisocco aveva raffigurato nel suo stendardo la lettera gotica “P”, stendardo che è stato ritrovato dipinto negli affreschi della chiesetta di san Felice in monte. Gli altri castelli ormai sono scomparsi, ma a San Gregorio, vicino alla piazza, sorge un antico edificio che ricorda una torre medievale, segno dell’antica fortificazione.
Il dominio della Repubblica di Venezia
Nel 1404 il Feltrino e il Bellunese passano sotto il dominio della Serenissima e vi resteranno fino al 1797.
In questa fase va segnalato che San Gregorio è assieme a Lamon uno dei pochissimi comuni della Valle del Piave a possedere documenti della propria Regola ancora visibili oggi. La Regola di San Gregorio è datata 1405, costituita da 15 fogli scritti fronte e retro, ora conservati presso l’archivio parrocchiale.
Se nelle città come Feltre e Belluno il governo era affidato al Podestà, nelle campagne l’autorità era in capo al ‘’Mariga’’, cioè la figura preposta a convocare e presiedere la Regola.
Tra il 1421 e il 1422 un decreto della Serenissima impose la distruzione di tutti i castelli e le fortificazioni presenti nel territorio feltrino. Una delle conseguenze dirette fu spianare la strada ad una sorta di civiltà della Villa. Nella sostanza esponenti della nobiltà o i ricchi proprietari terrieri iniziarono l’opera di costruzione delle grandi ville padronali dovuta al bisogno di risiedere prossimi alle proprietà di famiglia in un’ottica di miglior governo e gestione di questi patrimoni. Tra i secoli XVI e XVIII molte ville sorgono sul territorio sangregoriese, in particolar modo nell’odierna frazione di Paderno. Le principali ville ancor oggi visibili sono Villa Sandi e la villa a portico e logge (Villa Pongan) a Paderno, Villa Villabruna (o Slongo) a Fumach e Villa Cappellari (o Caiada) a Comaroi.
Chiesa
Il campanile della chiesa di San Gregorio e il Monte Pizzocco.
La chiesa di San Gregorio nelle Alpi si affaccia sulla piazza principale del paese, e si trova in posizione rialzata rispetto al manto stradale. Essa ha assunto la struttura originaria solo nel secolo scorso, quando nel 1912 l’architetto Alberto Alpago Novello, con l’aiuto dell’ingegner Enrico De Conz (a cui per altro è intitolata la scuola materna paesana), ha realizzato le due navate laterali e sistemato la facciata. Molto probabilmente in origine la chiesa era di stile bizantino, e venne demolita poiché non riusciva più a contenere i fedeli. Fu sostituita nel 1479, ma assunse le sembianze attuali (fatta eccezione per le navate) solo dopo il 1670. Un racconto popolare vuole che quando fu ora di costruirla, si decise che sarebbe sorta su di un colle, denominato Nodol; i sangregoriesi cominciarono a portare il materiale sul luogo prescelto, ma la mattina lo ritrovavano dove sorge ora. Il fatto venne interpretato come volontà divina, e pensando che fossero stati gli angeli a spostare il materiale, costruirono l’edificio sacro dove si trova ora.
La chiesa è rivolta verso est ed ha una pianta tradizionale. Lo spazio per i fedeli è scandito da tre navate, quella principale di dimensioni maggiori e con copertura a botte, e quelle laterali, più piccole e con copertura a crociera; in fondo alla navata centrale si apre il presbiterio, realizzato nel 1555, e sul lato sud est dell’edificio c’è la sacrestia, realizzata nello stesso anno e contenente un prezioso mobile dell’epoca.
L’altare maggiore fu realizzato con la pietra proveniente dalle Ere da uno scultore locale, e la pala d’altare è stata dipinta con molta probabilità da Alessandro Bonvicino, detto il Moretto da Brescia. Essa raffigura al centro la Madonna che regge Gesù bambino, con ai lati San Gregorio, tiara papale in testa, colomba sulla spalla e una mela d’oro nelle mani, e San Valentino (compatrono assieme a San Sebastiano) con la bibbia in una mano e la palma del martirio nell’altra; una particolarità della pala sta nello sfondo, dove si vede la chiesa come doveva apparire nel passato. Il dipinto è contornato da una cornice in legno policromo recentemente restaurata, capolavoro seicentesco dell’intaglio; in essa sono presenti bellissime statue di angeli, teste di putti, ghirlande e cornucopie allegoriche e il tutto si conclude in cima con la statua di Cristo risorto.
Purtroppo negli ultimi anni alcuni pezzi sono stati trafugati, come per esempio due statuine dei santi Pietro e Paolo che erano incastonate nell’altare, o dei bellissimi angeli che erano stati attribuiti ad Andrea Brustolon, famoso scultore bellunese del legno. Nella chiesa sono poi presenti altri tre altari minori, uno dei quali (quello di destra) è adornato da una pregevole pala di un ignoto fiammingo raffigurante dei santi, fra cui si staglia in primo piano la figura di San Lorenzo con la graticola.
Sopra all’ingresso si trova l’organo, le cui canne durante il primo conflitto mondiale vennero asportate dai tedeschi assieme alle campane per farne armi.
Nell’angolo nord est della chiesa si eleva il possente campanile settecentesco, sormontato da una torretta ottagonale. Originariamente terminava con una guglia metallica, ma dopo essere stata spazzata via per ben due volte dal vento si decise di adottare questa soluzione. La cella campanaria, che si apre all’esterno con un arco a tutto sesto per lato, ospita le tre campane: Gregoria la maggiore, Eurosia la mezzana e Valentina la minore. Sul lato ovest della torre si trova un orologio, il cui prezioso meccanismo cinquecentesco è stato restaurato nel 2007 ed ora è visibile nell’ingresso del municipio.