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Ed ecco nel silenzio dei boschi, circondato dai monti, solitario ed austero, il Castello di Andraz, le cui rovine maestose soggiogano con fascino indescrivibile il viandante ormai abbastanza discosto dai centri rumorosi e dalle strade frequentate per lasciarsi trasportare ed immergere nella natura e nella storia.
La sosta è spontanea ed avvincente: mille considerazioni affiorano dalla personale curiosità e chiedono risposta a quelle mura, ai vani, ai veroni così vuoti e muti eppure solenni ed eloquenti.
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LE ORIGINI
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La rupe, massiccia ed enorme, alta tenta metri a sud e poco meno a nord, con un piano dolcemente degradante, s’è fermata qui, sulla riva del torrente che scorre impetuoso alla base, in epoca preistorica: forse è caduta dal soprastante sasso di Stria, fantasiosa sede delle streghe, che le assomiglia per fattezze geologiche; meno probabile dal Col di Lana, più discosto e dalla struttura assai diversa; ma i geologi sostengono che si tratta di un masso erratico, abbandonato sul posto dai ghiacciai nella fase di ritiro e scioglimento dall’inizio dell’era quaternaria.
Certamente la rupe attirò l’attenzione dei pochi nomadi transitati fino a questa quota (1750 s/m) a caccia o per la transumanza dei greggi.
Da quanto ci ha rivelato l’uomo mesolitico riesumato sotto il masso di Mondeval possiamo arguire, senza paura di smentita, che anche sotto questo macigno, ancor più vistoso, l’u omo trovò rifugio alle intemperie e , sopra, attraverso una difficile arrampicata, cercò scampo ai pericoli di assalti.
Col passare dei secoli il posto diventò frequentato per abituali soste fino a richiedere un intervento preciso per la sicurezza di transito sulla strada militare più breve tra il municipio romano di Belluno e quello e quello di Litanum presso Brunico in Val Pusteria, già raggiunto dall’i mportante strada romana di pianura. Sicuramente si trattava di un semplice “casteller”simile a molti altri sorti alla difesa dei confini imperiali lungo le vie di comunicazione e tale rimarrà fino a quando il pericolo delle invasioni degli Ungheri non imporrà nel secolo IX al re d’Italia Berengario la costruzione di un vero castello fortificato per dislocarvi una guarnigione di soldati.
Cade, pertanto, da sé la leggenda che tre sorelle abbiano costruito questo castello insieme a quelli di Rocca Pietore ed Avoscano, collegati tra di loro da una convenzionale segnalazione luminosa. Comunque sia, è certo che il castello esisteva già prima del Mille, come fortificazione militare e non ancora residenza nobiliare come verrà trasformato nei secoli successivi con l’avvento dei costumi feudali.
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L’EPOCA FEUDALE
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Nel Mille, la data è certa e documentata nell’archivio vescovile di Bressanone, il castello è proprietà della famiglia di Buchenstein (de Puochenstein) che gli attribuisce il nome tedesco in seguito esteso a tutta la vallata pur in presenza della denominazione più antica e volgare, in altri documenti, di Livinallongo.
Nel 1027 il distretto di Livinallongo diventa per diploma imperiale di Corrado II il Salico feudo dei vescovi di Bressanone fino al 1918 per la vita civile e fino al 1964 per quella religiosa.
Nel 1220 Hartwigo “de Puochenstein” aliena il castello e le sue pertinenze al vescovo principe di Bressanone Corrado di Rodank (Rodeneck-Rodengo) il quale lo concede il feudo ai nipoti Federico e Arnoldo: al primo tocca la signoria di Schoeneck (Colbello) con tutti i feudi della Punteria e delle valli ladine: Marebbe, La Ville, Badia, San Martino e Livinallongo. Ma la nobile famiglia è sovente in lotta con il potente monastero di Sonnenburg (Castelbadia) presso Brunico, residenza di monache battagliere protette dai conti del Tirolo: pomo delle discordie la giurisdizione nelle valli e la compartecipazione nello sfruttamento delle miniere di Fursil (Monte Pore-Colle Santa Lucia). A ciò aggiugasi il malgoverno ed i debiti contratti.
Nel 1327 Paolo e Nicolò di Schoeneck sono costretti a vendere il castello e la signoria a Guadagnino Avoscano, potente signore di Agordo, protetto da Cane della Scala di Verona.
Ma l’imperatore Carlo IV, a seguito delle prepotenze dell’Avoscano, sempre più gravi nel figlio Giacomo, autentico despota ed ambizioso, lo dichiara decaduto da ogni signoria. Il castello di Andraz diventa l’ultimo rifugio di Giacomo Avoscano, il più sicuro dall’assedio degli armati imperiali capitanati da Corrado Goebel, della milizia vescovile di Matteo e dei della badessa di Sonnenburg. I Livinallonghesi restano neutrali, il castello si arrende per fame dopo sei settimane. È l’anno 1350. Capitano del castello e signore delle Tre Valli diventa adesso il nobile Corrado Stuck (Stuccone) di Brunico col titolo di “Nobile Capitano e Burgravio di Buschenstein”.
Alla sua morte, nel 1379, l’unica figlia Caterina eredita la signoria con il marito Ezzelino di Wolkenstein grazie ai grossi crediti che può vantare nei confronti del vescovo principe di Bressanone. Il conto viene saldato nel 1386 con un prestito di Gioacchino di Villanders (Villandro) il quale diventa signore di Andrai, col figlio successore Giovanni, fino al 1416.
Tempi difficili anche per i signori, in continua lotta per i possedimenti e le giurisdizioni; ma ancora più difficili per il popolo, oppresso dalla schiavitù della gleba ed oberato di doveri verso il signore. Pochi infatti sono i contadini liberi che godono di qualche diritto e posseggono piccole proprietà.
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I CAPITANI
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Nel 1416 il vescovo principe di Bressanone decide di avocare a sé la giurisdizione diretta sul castello e sulle Tre Valli ladine, considerate le vicissitudini poco esemplari del passato e tenuto conto dell’importanza assoluta delle miniere di Fursil.
L’amministratore sarà dunque un capitano di sicura fedeltà e dedizione coadiuvato, talvolta, da un giudice. Dal 1416 al 1803 si succederanno nel Castello di Andraz 45 capitani, di nomina vescovile, oriundi delleValli di Marebbe, Badia, Gardena, Punteria oppure di Bressanone, del Tirolo, del trentino; nessuno di Livinallongo.
Di alcuni merita far cenno per capire i costumi dei tempi ed immaginare le alterne vicende del castello e della valle. Tra i primi capitani annoveriamo tale Giovanni di Weineck, prelato di nobile famiglia.
A causa di un ennesimo dissidio tra il capitolo di Bressanone e il vescovo Udalrico Putsch, costui riparò nella rocca di Andraz inseguito da Enrico di Sedenhorn, giudice aulico di Bressanone e capitano di Salorno.
Una spedizione di otto ribaldi, presumibilmente complici del del capitano Weineck, cadde nelle mani dei fedeli Livinallonghesi: uno degli empi venne squartato ed appeso alle forche a brandelli, gli altri sette furono impiccati; il giudice Enrico fu fatto arrestare a Pieve di cadore, ma non fu consegnato al vescovo.
Decisioni terribili e metodi sommari sull’esempio dei nobili signori, sprezzanti e crudeli. Come tale capitano carinziano Giovanni Mordace, di nome e di fatto, che non si tratteneva dall’aggredire i sudditi della badessa di Sonnenburg, eterna nemica, irrompendo nelle case per derubarli e trascinarli nella rocca di Andraz, di lì soltanto a peso di denaro potevano essere riscattati tanto i figli quanto il bestiame.
Le contese ricorrenti tra la signoria del castello e quelle confinanti riguardavano i diritti di pascolo dei Collesi in Pian di Sala nel territorio di Caprile; altri litigi più gravi dovevano essere districati tra Andraz , Caprile e Selva di Cadore per lo sfruttamento delle miniere di ferro del Fursil, per il taglio del legname e per il controllo delle fiere e sagre che costituivano tutta l’economia del paese.
I vari compromessi di volta in volta vennero stipulati, traditi e ricomposti con l’intervento superiore del vescovo principe di Bressanone, del giudice del Cadore e del doge di Venezia, rappresentato dal capitano di Belluno.
Il Cardinale Nicolò Cusano E siamo al 1450 quando papa Nicolò V nominò vescovo di Bressanone il cardinale Nicolò Cusano senza il consenso del capitolo. Il grande filosofo intrepido umanista ed instancabile riformatore dei costumi, si trovò ad affrontare uno dopo l’altro tutti i problemi sul tappeto: il malcontento dei canonici, il conflitto con il convento di Novacella che vantava il possesso delle miniere fin dall’atto di donazione di Federico Barbarossa nel 1177, l’opposizione delle monache di Sonnenburg a qualsiasi riforma dei costumi claustrali, le contese confinarie con i Caprilesi a Pian di Sala. Il cardinale non si risparmiò: aggiunse a questi impegni ripetuti viaggi a Roma ed in Oriente, scritti filosofici, la cura della diocesi, le missioni apostoliche.
Dal 1454 al 1460, per sei anni, salvo interruzioni, ed ininterrottamente per 14 mesi trovò riparo nella rocca di Andraz, ch’egli battezzò di San Raffaele, dalle ire di Sigismondo, duca del Tirolo, protettore di Verena Stauber badessa di Sonnenburg, antagonista del vescovo in fatto di diritti feudali.
Era capitano di Andraz Gabriele Brack o Braccone che si distinse per lo zelo nel punire il convento di Sonnenburg in seguito alla scomunica del cardinale: i contadini vennero massacrati, le monache disperse nei boschi; invece nell’assedio di Brunico teso dal duca Sigismondoal cardinale, il Braccone arrivò inspiegabilmente in ritardo dopo la capitolazione del Cusano; ritornati entrambi in Andrai, qualche tempo dopo, il cadavere del capitano penzolava dal “verone dell’impiccato” a severo monito di quanti fossero transitati in quei terribili giorni sulla riva tra Italia e Tirolo che costeggia le mura del maniero.
Non diversamente dal padre si comportò il Braccone figlio, il quale malmenava i forestieri e molestava i suoi dipendenti: il popolo livinallonghese al colmo del malcontento assalì il castello, fece prigioniero il capitano coi suoi masnadieri e chiese l’interventodel principe. Venne allora nominato capitano Giorgio Ruaz (Rubatsch) giudice della Torre al Gader. Ma non ebbero termine le liti con Caprile e con Sonnenburg ed anche il castello subì un grave disastro: nel 1483 un incendio lo devastò per due terzi. Il vescovo diede subito via alla ricostruzione con un contratto con il maestro muratore Giacomo de Channa da Camersee: i lavori iniziarono soltanto nel 1494 e furono conclusi nel 1514 con gravissime spese.
Intanto nel 1487 le dispute confinarie con Caprile confluirono in una feroce guerra tra il duca Sigismondo del Tirolo e la Repubblica di Venezia: scontri, massacri ed altre atrocità furono perpetrate da ambo le parti ora in Caprile ora in Marebbe ora in Ampezzo da giugno a settembre di quell’anno. La guerra cessò per essere ripresa nel 1509 fino al 1512, con altri lutti e scorrerie, cui si aggiunsero le intemperie, la carestia e la peste.
Ai tempi della riforma di Lutero un altro vescovo principe, Speranzio, trovò nel castello da giugno a settembre del 1525. Soltanto alcuni minatori del Fursil aderirono alla riforma.
Altro ospite saltuario della rocca di Andraz fu il cardinale Cristoforo Carlo Madruzzo, vescovo principe di Bressanone dal 1542 al 1578. Fu il momento di fulgore delle miniere: vennero costruiti forni a Caprile, Zoldo, San Vito, Valparola.
Il ferro, segnato col bollo dell’agnello, simbolo vescovile, veniva trasportato sulla strada “della vena” da Posalz, dove c’è ancora segno dell’ingresso principale delle miniere, fino alla Valparola ed in Italia passando sotto le possenti mura del castello.
Proseguendo nella storia dei capitani ci imbattiamo nella figura leggendaria di Francesco Guglielmo Brac detto Braccone o Gran Bracun ricordato per il suo ardire dimostrato nello sfuggire rocambolescamente ai cadorini al ponte di Travenanzes dopo l’incontro amoroso con la bella Sidonia al castello di Botestagno.
Capitano di Andraz dal 1573 al 1581, venne assassinato a Corvara nel 1582: non poteva finire altrimenti la sua vita avventurosa.
I secoli successivi registrano eventi calamitosi: la peste nera del 1630, l’incendio di Pieve del 1687, la cessione all’Impero nel 1697 della giurisdizione sulle Tre Valli posseduta dal Castello di Andrai per secoli, la chiusura delle miniere nel 1775 perché non più redditizie, infine la Rivoluzione francese del 1789. Alla ritirata austriaca di fronte alle truppe napoleoniche, il capitano Gasparo Savoi arruolò i livinallonghesi per sorvegliare l’importante strada del Tirolo.
Nel 1802 con la secolarizzazione dei principati ecclesiastici, l’imperatore Francesco I d’Asburgo prese possesso del feudo di Bressanone e del castello di Andraz: l’ultimo capitano, Giovanni Lindner, rimase nella rocca fino al 1803 per il disbrigo delle consegne.
Nel 1808 il governo della Baviera vendette il castello con nove fondi attinenti ad Andrea Faber di Cernadoi al vile prezzo di 3970 fiorni e 39 carentini.
Nel 1809 accadde un ultimo fatto d’arme: 13 livinallonghesi presero a fucilate un corpo di 1100 militari al comando del generale francese Peyri in marcia contro i ribelli bavaresi di Andreas Hofer. Il generale occupò il paese, ma non successe nulla.
Dal 1810 al 1814 il vetusto manufatto del castello diventò sede di un daziale ed alloggio di truppe di passaggio; quindi iniziò lo spoglio degli arredi e dei documenti dino alla demolizione del tetto nel 1851 per ricavarne legna e ferro e fu lo sfacelo.
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VERSO IL RESTAURO
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Negli anni della prima grande guerra mondiale, i ruderi del castello furono spettatori dell’inutile assalto del Col di Lana: poco discosto dalle mura sorse un cimitero di guerra italiano dedicato alla medaglia d’oro Verdinois che venne successivamente rimosso per confluire nel sacrario di Pian di Salesei e di Pocol di Cortina.
Da allora fino al 1977 continuò l’opera inesorabile delle intemperie e lo sfregio di saltuari visitatori, attratti per curiosità dall’imponenza delle rovine, senza che qualche Ente o Benefattore ponesse rimedio a tanto scempio. Ci fu, per la verità, chi di tanto in tanto si interessò alla ricerca storica ed immaginò con entusiasmo la ricostruzione ideale del castello o, per lo meno, la conservazione dei ruderi.
Si parlò, talvolta, di restauro a sede culturale, a Museo o, addirittura, a residenza municipale quasi un ritorno in veste democratica dell’antica giurisdizione. Qualcuno avanzò persino la richiesta di acquisto per farne una dimora di prestigio o albergo di lusso com’era toccato in sorte al castello di Sonnenburg (Castelbadia).
L’archivio comunale di Livinallongo registra tra le sue carte questo succedersi negli anni di offerte, domande, dinieghi, ricerche storiche ed ipotesi di riutilizzo. La civica Amministrazione e la stessa Prefettura di Belluno si interessarono al problema che il progressivo, inesorabile degrado evidenziava in maniera preoccupante per la sicurezza dei passanti e dei frequenti visitatori che si spingevano fin sugli strapiombi.
Anche le ricerche storiche di Pietro Favai (1828-29), di Giuseppe Loss (1858), di don Isidoro Vallazza (1911-14) e di Carlo Ragnes (1940) favorirono l’interesse verso questo monumento insigne della storia di Livinallongo e molti lettori avanzarono proposte e stimoli.
Vennero reiterati gli appelli per un intervento conservativo e per il restauro. Finalmente nel 1977 il competente responsabile, cioè lo Stato, in quanto proprietario dell’immobile confiscato – per effetto della guerra – alla famiglia Steinmetz di Monaco che l’aveva acquistato dai Faber, iniziò una serie di interventi per mezzo del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali e, perciò, della Soprintendenza ai Monumenti di Venezia: dapprima la chiusura della zona interessata agli incauti visitatori; poi il consolidamento delle murature allo stato attuale per arrestare l’i ncessante caduta di massi; quindi lo sgombero delle macerie, accumulatesi nel tempo, alla ricerca dei vari piani di calpestio e perciò dell’immagine più veritiera della struttura architettonica del manufatto; oggi si stanno perfezionando queste ricerche e le ipotesi conseguenti in vista della ricostruzione più fedele delle strutture indispensabili per rendere sicuri ed agibili gli anditi recuperati all’ingiurie del tempo e, duole riconoscerlo, degli uomini.
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IL RESTAURO DEL CASTELLO
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Nell’agosto 1988 si svolse attorno al Castello di Andraz un’importante rievocazione storica incentrata nella figura eccelsa e straordinaria del più notabile vescovo e principe, il cardinale Nicolò di Cusa.
Il concorso di migliaia di persone, l’interessamento di molte Autorità in rappresentanza di tutti gli Enti, l’intervento programmatico ormai costante della Soprintendenza di Venezia sono l’auspicio più confortante del recupero definitivo del monumento.
Il Castello di Andraz è stato inaugurato il 30.06.2012 ed ospita attualmente l’Andraz Museum.
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